La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

28 dicembre 2011

Dicono di noi 9: Una Chiesa mondiale...

Una Chiesa mondiale...

Intervista a don Ivo Cavraro, missionario "fidei donum" in Guinea-Bissau

di Damiano Bordasco, su "Voce di Popolo", 23 dicembre 2011


Sentirlo parlare ti riempie. La mente e il cuore. È sicuramente un intellettuale, un uomo colto che spazia su più fronti. Ma è soprattutto un uomo di spirito, che infonde sicurezza, speranza, pace.
Don Ivo Cavraro è ormai un foggiano acquisito. Nato cinquantacinque anni fa a Cervarese Santa Croce, in provincia di Padova, è missionario “Fidei donum” dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino in Guinea Bissau. Quinto figlio di una famiglia profondamente cristiana è stato educato nel collegio salesiano “Don Bosco” di Verona, dove ha anche frequentato il liceo. La sua vocazione sacerdotale comincia nel lontano 1976, mentre sta affrontando i duri studi di Medicina all’Università del centro veneto.
Nella sua lunga esperienza sacerdotale c’è poi l’incontro con la “Fraternità San Giovanni Apostolo ed Evangelista” di mons. Casale, che porterà a Foggia, oltre vent’anni fa, diversi sacerdoti, tutti di indubbia qualità.
Don Ivo è in missione in Africa dal luglio del 2008, primo parroco della nuova parrocchia del “Sacro Cuore” a Bigene. Una comunità eretta l’11 aprile del 2010.
In maniera particolare si occupa del settore dell’evangelizzazione: Bigene ha 58 villaggi dispersi nella foresta sub-sahariana, al nord della Guinea Bissau, al confine con il Senegal. Un territorio di circa 300 chilometri quadrati, senza strade asfaltate e luci.
Lo abbiamo intervistato da lontano, tra i mille impegni di quelle sue giornate che iniziano alle sei del mattino e finiscono in tarda serata.

In Italia ti occupavi di immigrazione e povertà, nella parrocchia di Segezia. È da lì che è nato il desiderio di svolgere una missione in Africa?

“Sì. Dopo l’esperienza del ‘campo di accoglienza’ di Segezia, desideravo continuare un servizio impegnativo verso i poveri del mondo. Ho accompagnato l’Arcivescovo, mons. Francesco Pio Tamburrino, nella sua visita in Guinea-Bissau a marzo del 2007. Incontrando personalmente questa terra di missione, ho capito che qui poteva continuare il mio servizio sacerdotale. L’Arcivescovo, da buon padre, mi ha guidato nel discernimento e nella verifica di questa ‘vocazione missionaria’ che è sempre stata presente nella mia vita”.

Qual è la differenza tra i poveri in Africa e quelli che tante volte hai incontrato in Italia?

“I poveri di questa mia attuale terra sono estremamente più poveri degli immigrati che arrivano in Italia. Vivono alla giornata, non è nemmeno minimamente pensabile immaginare un viaggio fuori della loro terra. Questa
è una povertà estrema, che produce gravi difficoltà alla salute di tutte le persone, in modo particolare dei bambini. In Italia non potete immaginare come vive la gente di Bigene: senza acqua in casa, senza fognatura, senza
energia elettrica, senza istruzione, senza medici e senza medicine, senza prospettive, senza possibilità...
I bambini denutriti sono un pugno nello stomaco. Se penso a quanto cibo viene buttato nelle case degli italiani. E non ci sono solo bambini denutriti: anziani scheletrici, che pesano 30 chili. Devo confessare che a volte mi sembra di non farcela. Ci vuole fede e anche ‘fegato’, ma il Signore mi aiuta”.

Quanto è cambiata la tua vita da quando sei in Africa?

“Non saprei. Penso che la mia vita non sia molto cambiata. Certo è cambiato lo stile di vita in merito ad alimentazione, condizioni atmosferiche, fatiche fisiche e malattie (la malaria, già presa tre volte, è debilitante per tempi lunghi). Ma non sono queste le cose importanti. Ciò che più mi interessa comunicare a tutti i lettori di ‘Voce di Popolo’, che è assai più importante, è che riesco a scoprire che persone nuove, villaggi interi, mi cercano per chiedermi di conoscere e iniziare a vivere la mia fede.
Questa possibilità, questa realtà che tocco ogni giorno con le mie mani, è la gioia immensa che mi alimenta e mi sostiene. A volte mi chiedo: quando lascerò la Guinea-Bissau (non ho idea quando sarà) come mi sentirò senza queste persone che mi cercano per conoscere Cristo? Mi viene già una tristezza nel cuore”.